venerdì 19 marzo 2010

A proposito di avanguardie

"Ora, credo che se non prestiamo attenzione a formulare in modo accurato ed articolato queste domande, rischiamo di produrre un discorso di nicchia dal punto di vista politico, oppure corporativo, da "addetti ai lavori artistici", dal punto di vista disciplinare. Se considerate questi due pericoli, se li intersecate, al punto di giuntura tra nicchia politica e corporativismo artistico ed estetico, troverete esattamente quello che storicamente si è chiamato un'avanguardia. ...... Mi ha colpito profondamente la domanda: "cosa dice l'arte o cosa dicono gli artisti dei movimenti". Se si sostituisce alla parola artisti quella, più datata, di intellettuali, ci si drizzerebbero i capelli in testa. Fa spavento. Vi immaginate un convegno nel quale si chieda all'arte e agli artisti di essere una sorta di coscienza lungimirante, gentilmente pregata di illuminare la mente nebbiosa dell'uomo qualunque e nella fattispecie, anche quella dei movimenti politici? Vi immaginate la riflessione politica ristretta ad una prospettiva in cui solo alcuni (per genio, specificità, dati anagrafici, ragione sociale, prezzo di mercato, o gloria artistica personale) abbiano diritto ad intervenire e siano riconosciuti come detentori di verità, mentre la stragrande maggioranza della "gente comune" si affida alla loro vista straordinaria, alle loro percezioni fuori dal comune? Vi immaginate un'Italia berlusconiana affidata a tanti nuovi piccoli D'Annunzio, magari anche (o soprattutto) di sinistra?..... Alle nicchie e gli specialismi si devono opporre l'intreccio, l'attraversamento, la contaminazione, la condivisione, la comunanza..... Qual è l'intreccio tra militanza politica e arte? Qual è, nonostante la loro diversità, il loro comune?...
La sperimentazione"

( Judith Revel al seminario Multiversity, all'interno di "L'arte della sovversione", a cura di Marco Baravalle, Manifestolibri,2009)

Cosa dire, il passaggio sull'Italia berlusconiana mi sembra triste. Credo che gli echi Chomskyiani siano evidenti in questo estratto; come sono evidenti in un film a me caro, Brian di Nazareth (forse questi echi esistono solo nella mia testa, ma non importa, è la stessa cosa). Da Musil (non che prima non ci fosse, solo che dopo è stata configurata in maniera diversa secondo me) in poi c'è questa idea che l'uomo non sia in grado di decidere del proprio essere e che debba affidarsi a singoli dotati di particolare qualità (genio, ragione sociale ecc....). A mio avviso questa visione individualistica è stata ribadita negli anni non solo in letteratura, ma anche in campi quali l'economia (da Walras in poi) ed il cinema (vorrei precisare che non bisogna fare confusione tra narrazione attraverso una prospettiva individuale ed esaltazione del singolo, certo le cose non sono indipendenti, ma non sono nemmeno la stessa cosa). Idea fortemente criticata da Chomsky che individuava in questo fenomeno una delle cause (alla radice forse) di indebolimento dei vari movimenti ed attivismi. Per concludere, in onore alla sperimentazione sopracitata un estratto del film suddetto. Ora la narrazione non è certo effettuata tramite prospettiva multipla, ma non credo ci sia esaltazione individualista, semmai tristezza per l'incapacità di rispondere alla responsabilità dell'agire comune.

http://www.youtube.com/watch?v=9lIK25YryWw&feature=related

Buona visione

lunedì 8 marzo 2010

Quest'anno niente mimose

Anche quest'anno è arrivato l'otto marzo e, come la maggior parte degli italici maschietti (maschi mi sembra troppo, oggettivamente) anche io voglio rendere omaggio al gentil sesso(1 - il concetto di rendere omaggio mi fa venir l'orticaria, 2 - gentil sesso, ovvero come obliare decenni di movimento femminista). Glissando sulle ovvie accuse di festa commerciale che ha perso lo spirito originario dell'evento, mi fa ridere il fatto che per festeggiare le donne si scelga un giorno in particolare quando tutto l'anno c'è ben poco da festeggiare. Si festeggia all'interno di un immaginario a dir poco triste, però si festeggia. Visto e considerato che non credo di essere una persona che possa agire al di fuori del "sistema" mi uniformerò alla maggioranza. Lo farò, però, cercando una strada personale o, almeno, con l'idea, impressione, illusione di percorrere questa strada personale (come sempre è alla fine; l'unica cosa certa, non vera, quando si agisce è la nostra percezione istantanea dell'azione). Vorrei proporre l'opera di una fotografa (forse ciò è riduttivo) austriaca, Birgit Jurgenssen (1949 - 2003).

La foto si intitola Jeder hat seine eigene Ansicht (ognuno ha il suo punto di vista, 1979). Tratta del nudo femminile e dello sguardo maschile all'interno di uno schema di negazione dell'immagine. La schiena nuda è dell'artista. Il titolo rimanda al concetto della pluralità dei punti di vista, concettuali e visivi (dello spettatore). In questo caso lo spettatore è maschile perché la scritta è declinata al maschile (in tedesco). Un'ambivalenza dunque tra ciò che si vede e ciò che si pensa di vedere, e ciò che ci si apsetta di vedere. Però la posa è statica. Il nudo femminile è occultato dall'immagine: la superficie del corpo, che coincide con quella dell'immagine, rimanda allo spettatore la frustazione dell'impossibilità di godere della visione del corpo della donna. Abbiamo la negazione del nudo in quanto immagine predominante del corpo femminile nella tradizione aritstica occidentale.

Note

Il commento è tratto da Giovanna Zapperi, "La soggettività contro l'immagine. Arte e femminismo". All'interno di "L'arte della sovversione" a cura di Marco Baravalle, Manifestolibri, 2009