giovedì 15 novembre 2012

Impero

Voglio condividere questa breve citazione di William Morris che apre "Impero" di Negri e Hardt, citazione che riassume splendidamente parte dello spirito di questo libro, di cui consiglio la lettura (sebbene nemmeno io abbia gli strumenti per elaborare un giudizio critico su tutte la parti del libro):

"Gli uomini lottano e perdono la loro battaglia; ciò per cui avevano combattuto si realizza comunque, malgrado la loro sconfitta, ma poi si rivela altro da ciò che essi credevano, e allora altri uomini devono continuare a lottare per ciò che i primi chiamavano con un altro nome".

lunedì 27 agosto 2012

Toasted




Per chi conosce e apprezza la serie basterebbe questa semplice parola per spiegare quanto profonda e geniale possa essere quest'opera.
Matthew Weiner che pure è un conoscitore di Freud (tra l'altro è stato anche uno degli sceneggiatori nelle ultime stagioni dei Soprano), spazza subito il campo da possibili interpretazioni da vulgata freudiana del suo lavoro, quando il "pirla della situazione" (Pete in questo caso) se ne viene fuori con la brillante idea che le persone siano portate a fumare per via della freudiana pulsione di morte, con l'unico risultato di venire ridicolizzato dopo 1,4 secondi.
Qui serve una piccola contestualizzazione: è bene sapere che fino agli anni '40 ( o '50) le sigarette non erano ritenute nocive per la salute, ma anzi i dottori americani ne consigliavano il consumo ai loro pazienti, con tanto di spot pubblicitari con il marchio dell'associazione nazionale dei medici americani. Ad un certo punto però, si scopre che fumare non è poi così salutare, anzi, e quindi i fino ad allora professionalissimi dottori non possono più pubblicizzare marchi di sigarette.
L'ufficializzazione del fatto che le sigarette fanno male deve essere stato un duro colpo per le industrie del tabacco, che dovevano quindi correre ai ripari per evitare pesanti perdite (che poi si siano verificate o meno sinceramente non lo so). Che si fa allora? È proprio in questo contesto che si svolge la prima puntata di Mad Men, una compagnia pubblicitaria che deve trovare una compagna per la Lucky Strike in seguito alle vicende sopra descritte. Ed è qui che Pete se ne viene con la propria trovata: le sigarette fanno male?, be' ma esiste pur sempre la pulsione di morte ad invogliarne il consumo.
Dopo questo brillante intervento è la volta di Don Draper, responsabile della campagna che fra un tradimenti, Manhattan e sigarette (appunto) non aveva lavorato granchè: ma proprio in quel momento qualcosa scatta dentro di lui facendogli pronunciare una parola così pregna di significati da valere una stagione: it's toasted.
Per il buon caro e vecchio Don bisogna ribaltare il problema: le sigarette fanno male?, le altre di certo, le nostre sono toasted, sono lavorate secondo la vecchia tradizione americana, sono sottoposte ad un processo riconoscibile e riconducibile  da parte dell'immaginario collettivo.
La sola parola fa venire alla mente la tostatura, il modo in cui viene effettuata, da chi viene effettuata, a quale mondo queste persone appartengono: non è solo una parola con un significato, è un profumo che richiama un'ímmagine che (come tutte le vere immagini) non esaurisce il suo significato in una descrizione o in una spiegazione.
Raramente in una serie TV (o in un film) con una sola parola si riesce ad ottonere tale profondtià di riflessione, proprio perché le possibilità di queste riflessioni sembrano non avere limite.

sabato 21 luglio 2012

La Fin Absolue du Monde




Quello che è successo a Denver sarebbe da non commentare troppo, ma non si metta in relazione ciò al film, non siamo in un film di Carpenter....

mercoledì 11 luglio 2012

Scrivere

Era un po' di tempo che non scrivevo qualcosa qui, anche perché quel poco che ho scritto l'ho fatto su carta;
come mai questo salto temporale all'indietro dalla blogosfera alla carta? Il motivo principale sta nell'assoluta riservatezza (e quindi nella maggiore libertà) che un pezzo di carta ti offre da un lato, e dall'altro nella maggior immediatezza insita nello scrivere a mano.
Bisogna riconoscere però che questo secondo aspetto vale oggi nel 2012, ma molto probabilmente non varrà un domani quando scrivere con la tastiera (o con altri dispositivi) acquisterà quel carattere di naturalezza e leggerezza che possiede la penna. Certo, anche oggi (o 10 anni fa) ci sono persone che scrivono naturalmente con la tastiera e forse anche più velocemente che con la penna: la questione secondo me non sta tanto nella comodità, che dipende dall'uso, ma dai vari strumenti richiesti dalla vita per determinati campi (ancora oggi molti ritengono pericoloso far studiare i bambini solo al computer).
La maggiore immediatezza sta anche nel fatto che la penna funge da prolungamento del nostro corpo e con essa possiamo, scrivere, disegnare, scarabocchiare, lasciare libero sfogo ai flussi di pensiero, il tutto quasi sovrappensiero; con il computer la cosa è leggermente diversa: possiamo scrivere con naturalezza ed immediatezza, ma appena decidiamo di cambiare funzione (dallo scrivere al far di conto, ad esempio), abbiamo bisogno di un altro programma o di un altro comando all'interno del programma, svolgiamo quindi un'azione cosciente per la cui realizzazione necessitiamo di un intermediario il quale esaurisce la sua funzione nel passaggio (in questo caso il procedimento di passaggio da un programma all'altro, ad esempio) da un campo di attività ad un altro.
Ci rendiamo conto che la nostra attività è mediata e non è immediata e questo in qualche modo rende diverso l'uso della penna dal pc.
Probabilmente con la diffusione ulteriore (io spero) dell'uso del pc da un lato e dall'altro con la sempre minore mediazione della macchina nell'espletamento di funzioni varie avremo cambiamenti anche in campi che a prima vista potrebbero sembrare neutrali, come il linguaggio o la comunicazione (be' la seconda è già stata modificata da un bel po'): e per linguaggio non intendo semplicemente la grammatica di una lingua o il modo di esprimersi, ma proprio la capacità di esprimere concetti e soprattutto pensarli in un determinato modo, perché una lingua è prima di tutto un modo di pensare, solo dopo di parlare.
Concludendo, ho parlato di sempre minore mediazione della macchina, in effetti non è che sia propriamente così, la macchina forse media sempre più pesantemente, ma allo stesso tempo (io credo) questa mediazione è percepita sempre meno e tende a scomparire (la percezione).


P.S. forse è per questi motivi che non riuscirò mai a scrivere un grande romanzo borghese (alla Mann), oltre al fatto ovviamente che non sono cresciuto in una famiglia borghese e che la borghesia come classe in ascesa (e declino) sia storia vecchia....

lunedì 5 marzo 2012