venerdì 28 gennaio 2011

Stylish




Innanzitutto ringrazio moderatemente ottimista per questo premio stranamente meritato, dato che io e lo style in generale non andiamo molto d'accordo.

In genere se ricevo un premio non gli do molto peso (sembra una cosa usuale, ma se non erro è la seconda volta), è sempre un qualcosa che rafforza il tuo ego e, di cose che rafforzano l'ego ne vorrei davvero fare a meno; però in questo caso la cosa mi ha divertito alquanto, per via del suddetto rapporto con lo style, quindi adempierò ai miei obblighi.
Ora dovrei premiare altri dieci blogger e dire 7 cose di me.
Iniziamo con le 7 cose di me:

1) ci sono tre episodi nella mia vita che mi hanno rovinato per sempre: topolino, la nascita della tragedia, la scoperta della blogosfera

2)non ho mai fumato in vita mia (nulla), ma in compenso bevo quasi tutti i tipi di alcolici; sono un grande fan del Laphroaig, intenso whisky scozzese

3)per confermare il punto due, sono un discreto giocatore di "padrone e sotto"

4)non ho mai avuto problemi con la legge, tranne quando i carabinieri mi sequestrarono il motorino, stavo andando a scuola e, i carabinieri mi accompagnarono fino all'entrata: dopo il danno, la beffa

5)anche se è un po' fuori contesto, ho odiato profondamente jules e jim

6)nonostante ne assuma gli atteggiamenti e le pose, non sono e non sarò mai un cinefilo, ma solo un (infinitamente) appassionato di cinema; essere è impegnativo, essere qualcosa con dei comportamenti da rispettare ancor di più

7)per spiegare in parte il punto 6, la mia pigrizia è talmente smisurata che una commissione di cardinali ha ritenuto questa mia "virtù" meritevole di essere definita biblica; e poi l'ozio è padre di tutti i vizi, ma il vizio è padre dell'arte, o no?

Ora passiamo ai blog, sono un po' meno di dieci, ma va bene lo stesso:

moderatamente ottimista, da poco e spero non per poco

il teatro dei vampiri, per celebrare il ritorno del conte: Lugosi is Undead

cinemasema, ogni premio è d'uopo per questo blog

tramonti a nord est, lo stile nel carattere o, il carattere nello stile

le luci della sera, con quello sfondo magnifico e le immagini di Twin Peaks, non poteva non rapirmi

eyes wide ciak, quando guardi una videorecensione con una ragazza che indossa un cappellino che lampeggia, la prima cosa che pensi è "che stile"!

sabato 22 gennaio 2011

Dexter

"Ora scrivo un bel post su Dexter" e, mi sono ritrovato a pensare che nelle intenzioni questo blog doveva parlare d'altro, ma se ripenso a cose scritte ieri quasi mi vergogno (quasi eh!); forse è così un po' per tutti, ma credo proprio che prenderei a schiaffi il me stesso del passato, per la sua illusione, per la sua superficialità, per la sua ingenuità, per il suo essere immaturo ma soprattutto per l'opacità con cui vedeva le cose. Poi però penso che quel me stesso è padre del me stesso di adesso, cioè di quello di un secondo fa, anzi di quello che ha iniziato a scrivere questo post (lo so è poco divertente)e mi riappacifico con me stesso; o meglio io sono diretta conseguenza di quell'altro io; ma questo è ovvio. Inoltre non sono poi tanto sicuro di essere migliore del me stesso passato, o che la lucidità si sia sviluppata in modo lineare nel corso del tempo, magari ci sono stati periodi in cui le cose mi erano più chiare di adesso. Allora perché non me ne rendo conto? Forse perché la percezione è ora, ed ora soltanto; un po' come l'egocentrismo: in qualche crediamo di venire prima degli altri, ma questo è ovvio perché il mondo lo vediamo prima di tutto con le nostre lenti, la nostra percezione è mediata e influenzata da noi stessi e, questo, senza rendercene conto(non sempre, per fortuna). Ecco questo fenomeno credo si possa applicare anche al ricordo dei noi stessi del passato: come già detto la percezione è influenzata dai pensieri di oggi, dagli stati d'animo attuali, ma cosa più importante, per il sol fatto di percepire ora e di non riuscire a percepire il prima, permette che la mancanza di percezione del prima ci renda quasi ostili i noi stessi passati e ci mette in una situazione di privilegiata. Potrei coniare un nuovo termine, un neologismo per questo fenomeno, quello del favorire il noi stesso presente rispetto a quello passato per via del ruolo della percezione. Potrei chiamarlo egocronocentrismo, però accetto suggerimenti.

Dopo questo breve divertissement parliamo d'altro. Parliamo di Dexter. L'ho letteralmente divorato: in un periodo in cui dovevo preparare gli esami, uscire qualche volta per vedere persone che non vedevo da tanto e festeggiare natale, capodanno ecc... mi sono sparato tutte e cinque le stagioni in poco meno di due settimane. Ciò credo sia già indice di quanto mi sia piaciuto.
Mettiamo in chiaro una cosa, la mia stagione preferita è la seconda( sono in minoranza, lo so), ma sono stato rapito da tutta la serie; forse la terza è quella più debole per via di quel goffo di Miguel Prado.
Cerchiamo ora, per quanto possibile, di fare un discorso organico.
Prima di tutto di cosa parla Dexter? di un serial killer che di giorno lavora per la scientifica di Miami (e mi raccomando, non il contrario, cioè un tecnico della scientifica che di notte fa il serial killer), come ematologo. Ovviamente quella dell'ematologo non è una semplice copertura, ma in qualche modo è espressione dell'essere del protagonista, che possiamo dire nato letteralmente nel sangue. Proprio questo suo nascere nel sangue è la causa di questa pulsione irrefrenabile verso le uccisioni e, verso il sangue stesso; infatti lui uccide non perché vuole, ma perché deve. Però c'è una particolarità, lui uccide solo i serial killer, o persone che comunque meritano di morire, almeno secondo il codice di Harry. Chi è Harry? Harry è il suo padre adottivo, che accortosi della natura del figlio, cerca di incanalarla per servire una causa giusta, cioè quella di ammazzare altri uccisori (fondamento che mi convince poco).
Una delle prime cose che ho pensato guardando questa serie è che con un po' più di coraggio questo prodotto avrebbe fatto molto discutere. Mi spiego: come già detto si è scelto di parlare di un serial killer; il personaggio principale non è un eroe, anzi; è un cattivo, ma a sua discolpa si può dire che quella è la sua natura e che in ogni caso lui uccide solo i cattivoni. Ed è ovvio che con questo espediente gli spettatori possano prendere in simpatia il protagonista e tifare per lui (chi di noi non ha sperato, anche solo per un istante, di dare qualche bella lezione a qualche delinquente?), e farlo in maniera legittima. E se invece il protagonista fosse stato malvagio fin dentro le ossa? Sicuramente sarebbe stata un'altra serie. Anche perché sarebbe mancata quella sospensione del giudizio che fluttua costantemente.
Quello che mi ha affascinato maggiormente è tutta la descrizione delle dinamiche interiori del protagonista (il suo rapporto con il passeggero oscuro); come riesce a gestire il suo lato oscuro, ma soprattutto districarsi tra il suo lato e la vita di tutti i giorni. Dexter è una persona fondamentalmente onesta, fa i conti con se stesso in ogni momento, raramente si prende in giro e, si interroga continuamente su come coniugare il suo lato "malvagio" con la sua vita da cittadino, marito e padre. Non cerca facili soluzioni ed è in tensione continua con se stesso. Io credo che il colpo di genio stia in questo. Come uno dei miei narratori preferiti, Fedor Dostoevskij, che portava al parossismo il carattere dei personaggi per svelarne le peculiarità, così in quest'opera si porta al caso estremo un fenomeno (quello della convivenza comune con la parte oscura di noi stessi) per mostrarne le dinamiche principali e presentarlo nella sua interezza e complessità.
Tutti noi abbiamo qualcosa da nascondere e tutti noi ci rapportiamo agli altri nascondendo una parte di noi stessi. Non parlo semplicemente di manie, perversioni o cose del genere, ma semplicemente di lati del nostro carattere che non vogliamo mostrare agli altri, almeno non a tutti. Una chiusura del cerchio quasi poetica, a mio modo di vedere, è quella che riguarda i vetrini. Dexter non può parlare a nessuno della sua intima naura e, per questo, si sente solo. Intima natura nata nel sangue che lo porta ad uccidere persone. Egli segue sempre una sorta di rituale prima di compiere l'atto senza ritorno ed in questo atto lui è completamente onesto con le vittime, si apre con loro, confessa tutto a loro (la scena con lo psicologo è bellissima), crea un contatto, prima ovviamente di ucciderle e dopo averlo fatto, conserva un po' di sangue delle vittime in un vetrino da laboratorio. In questo modo, una parte di persone che sono state in contatto vero con lui, che gli sono state vicine, rimarranno con lui per sempre. Per molto questo è il suo unico modo di avere rapporti veri con le persone; tutto ciò nasce nel sangue e finisce nel sangue (anche se in un vetrino). Un'altro aspetto affascinante è quello delle conseguenze della continua ricerca di Dexter di creare rapporti con persone vive e, che rimarranno vive (si spera).
Nell'evoluzione delle reazioni dei personaggi che conoscono la vera natura di Dexter si apprende un messaggio direi quasi di speranza: non tutti reagiamo in egual maniera davanti alle stesse cose, non possiamo prevedere il comportamento umano, per quanto estrema sia la situazione; la nostra vita non è scritta, niente è scritto nella pietra.
Questi sono solo aspetti ed ogni stagione, ogni puntata ha questioni e tematiche di rilievo. Una delle serie più ricche di contenuti ed esilaranti (si perché c'è un sottofondo di autoironia fantastico) tra quelle in cui ho avuto il piacere di perdermi.

Potremmo dire Dexter tra Dostoevskij e Kurosawa; ma forse sono solo io che ho letto troppo del primo e visto troppo del secondo ed ora li cerco un po' dappertutto