sabato 19 febbraio 2011

Passeggiare a Milano

Un paradosso.
Un sabato stavamo passeggiando in via Torino, giusto per stare un po' all'aria aperta, prendere un gelato e banalità del genere. Purtroppo ci siamo subito resi conto del fatto che la questione era più pericolosa di quanto non sembrasse: persone che ti tagliavano la strada, che per sorpassarti ti davano spallate e, ovviamente ti guardavano male; il fatto è che gli altri camminavamo ad una velocità doppia rispetto alla nostra. Ora, se fosse stato un mercoledì mattina e se la gente fosse dovuta andare al lavoro, ok capisco la fretta, ma dove doveva andare tutta questa gente di sabato alle cinque del pomeriggio?
Il problema, credo, non è il perché si esce, ma il modo in cui ci si rapporta alle cose.
"Devo fare in fretta perché poi dopo non posso fare questo", "Devo correre che dopo arriva tizio", o più in generale "Tra un mese finalmente...", o il classico "Non vedo l'ora che... vorrei che fossi già lì"... (questo pensiero io lo faccio sempre con la pensione...). Per cercare di sintetizzare, potremmo dire che lo sbaglio stia nel continuo proiettarsi in avanti attuato da noi stessi, individuando sempre nell'orizzonte qualche evento importante che dia un taglio diverso la nostro futuro, anche in materia futile. Questo proiettarsi in avanti verso eventi futuri (a prescindere dall'importanza degli stessi) ci fa mettere da parte la nostra vita oggi, ce la fa dimenticare e in poche parole non ce la fa vivere. Io, però, ribalterei il problema. Non siamo noi che ci proiettiamo in avanti verso eventi importanti e di seguito non riusciamo a vivere "l'adesso", ma bensì siamo noi che non riuscendo a fare i conti (sul serio) con la nostra vita ora, facciamo finta di niente e guardiamo avanti. Infatti il proiettarsi non dipende dall'evento, è un atteggiamento che viene prima di una qualche specificazione, è solo una sorta di spinta in avanti. Infatti chi vive aspettando, una volta giunto l'evento non potrà fare a meno di guardare alla prossima "scadenza", perdendosi ogni volta quello che intanto succede (o potrebbe succedere).
Forse basterebbe solo un po' più di onestà con noi stessi e la capacità di accettare quello che ci succede ma soprattutto di capire che il 99% dei nostri problemi non sono altro che fisime.

giovedì 10 febbraio 2011

Hanno

Vorrei dormire e non saperne più niente... Non so volere.

martedì 8 febbraio 2011

Morte di Thomas Buddenbrook

Se avrete la pazienza di leggere queste poche righe tratte dal romanzo di Thomas Mann, condividerete con me l'idea che siamo di fronte ad uno dei pezzi più alti di tutta la letteratura mondiale ( dichiarazione impegnativa, lo ammetto)

Gennaio 1875, intorno al letto di morte di Thomas Buddenbrook

"Comparve infine Chrisitian. Mentre era al circolo aveva ricevuto la notizia della caduta del senatore ed era venuto via subito. Ma per paura di qualche spettacolo raccapricciante aveva fatto una lunghissima passeggiata fuori porta, sicché nessuno lo aveva potuto trovare. Si decise infine a rientrare, e nel vestibolo seppe che suo fratello era già spirato.
- Ma non è possibile! - egli disse, e salì zoppicando le scale, con occhi spiritati.
Fra la sorella e la cognata s'avvicinò al letto di morte. E lì stette, col suo cranio calvo, con le guance scavate, coi suoi baffi penduli, col suo nasone gibboso, ritto sulle gambe sottili e storte, un po' insaccato, un po' simile a un punto interrogativo; e i suoi occhietti infossati fissavano il volto del fratello che appariva così muto, freddo, alieno e inoppugnabile, così inaccessibile ad ogni giudizio umano... Gli angoli della sua bocca erano rivolti all'ingiù, con un'espressione quasi sdegnosa. - Tu non piangerai alla mia morte,- gli aveva rinfacciato Christian; e ora invece era morto lui, morto semplicemente, senza dure una parola, si era ritirato nel silenzio, signorile e intangibile, e come tante volte nella vita abbandonava spietatamente l'altro a una cocente umiliazione! Aveva agito bene o male opponendo sempre un freddo disprezzo alle sofferenze di Christian, al tormento, all'uomo sul divano, alla bottiglia di spirito e alla finestra aperta? Questo quesito cadeva, non aveva più senso, poiché la morte con parzialità capricciosa e imprevedibile aveva distinto e giustificato lui, lo aveva accettato e accolto e reso oggetto di venerazione procurandogli a forza il reverente interesse di tutti, mentre disdegnava Christian e avrebbe continuato a beffarlo con cento angherie e canzonature che non incutevano rispetto a nessuno. Mai Thomas Buddenbrook aveva ispirato tanta ammirazione al fratello come in quell'ora. Il successo è ciò che conta. Il rispetto degli altri per le nostre sofferenze ce lo procura soltanto la morte, che nobilita anche le sofferenze più meschine. -Hai avuto ragione tu, io m'inchino -, pensò Christian, e con un movimento rapido e goffo piegò il ginocchio e baciò la mano fredda sulla trapunta. Poi si alzò e cominciò a girare per la stanza con occhi irrequieti."

martedì 1 febbraio 2011

compendio filosofico

Marx reclama il fuorigioco