domenica 31 gennaio 2010

Due anni! E l'anno prossimo all'asilo

Oggi questo blog compie due anni (meglio di un maiale). Di solito non sono incline alle autocelebrazioni, ma il verificarsi di questa ricorrenza mi ha fatto venire in mente un paio di cose. Forse questi pensieri riguardano più lo scrivere in sé, ma visto che lo scrivere nel mio caso si declina quasi esclusivamente nella produzione di post, credo vada bene anche così. L'atto di mettere nero su bianco un pensiero dona l'illusione di aver fissato un qualcosa altrimenti fuggevole e nebbioso, un qualcosa che altrimenti sarebbe andato perso e si è contenti perché si immagina di aver salvato dall'oblio un'idea preziosa, importante e si è grati a se stessi per questo eroico gesto. Stronzate (si scusi il francesismo). Quello che davvero mi viene in mente è quella specie di continuo che da Dostoevskij arriva fino a Magris, filo che ci illumina sulla vera natura dell'attività intellettuale, anzi, sul suo cuore: fisime. Nient'altro che fisime prettamente individuali ed allo stesso tempo universali. Se scegliamo di parlare di una cosa rispetto ad un'altra non è perché questa sia più vera di altre (è possibile poi fare una scala di cose più o meno vere???), o perché un concetto sia più profondo, fine od universale di un altro; semplicemente la nostra storia ha voluto che ci dedicassimo a tizio invece che a caio. Tutto qui. E come un mio amico mi insegna, un uomo non hai mai detto niente di originale, a prescindere dal tempo in cui ha detto questa cosa. Questo perché tutti andiamo a pescare in un sostrato comune che è formato solo in parte da ciò che hanno detto altri prima di noi, anzi in minima parte. Almeno da quando la storia dell'uomo ha preso una certa strada. Nonostante tutto, però, sono contento di aver scritto anche questo post. Cosa siamo se non fisime, simboli ed immagini? Ieri ho visto "A single man", grande riflessione esistenzialista immersa in una fioritura di simboli immaginifici.

Concludo con due citazioni ed una barzelletta.

"Il passato non esiste"

"La morte è il nostro futuro"

Barzelletta (premetto che vado a memoria perché non la ricordo benissimo):

Un asino ed un maiale si trovano a parlare, il maiale dice all'asino "Ma che brutta vita che fai, ti fanno portare pesi, ti picchiano, ti fanno mangiare poco, fai una vita di stenti e sofferenze. Guarda me che non faccio nulla dalla mattina alla sera, mangio a volontà e mi rotolo nel fango, non sei invidioso?". L'asino allora rispose "Ahh. Ma sbaglio o tu non sei quello dell'anno scorso?"

Saggezza somara

domenica 17 gennaio 2010

Quarta di copertina

L'idea per il post mi è venuta leggendo che ci sono persone (precisiamo non sono miei amici, diciamo amici di amici) che si fanno un'idea, un'opinione su un libro semplicemente leggendo la quarta di copertina. Ovvio che per avere un'idea vagamente precisa è necessario leggerlo un libro, peccato che di solito i libri si scelgano prima di averli letti (altrimenti al liceo non avrei mai comprato un libro di Vespa, mea culpa). Quello che mi è venuto in mente è quanto possano essere fuorvianti questi strumenti del diavolo (di marketing, quindi la stessa cosa) per via di ragioni quali l'idiozia, la superficialità od altro. Da precisare che non tutte le q. di c. sono fatte male (ricordo che quella dell'idiota riportava un pensiero di Nietzsche, quindi era una grande q. di c.), però ce ne sono alcune incredibili. Vorrei fare due esempi. Primo esempio: sulla q. di c. di pastorale americana c'è una citazione (The New Yorker) che recita "Pastorale americana è un romanzo di quattrocento pagine che finisce con un punto interrogativo. Questo è ciò che lo rende grande". Cosa? Sarebbe il punto interrogativo finale a rendere il libro di Roth un capolavoro? A parte che di punti interrogativi ce ne sarebbero diversi e su più livelli, ma come disse il già citato (su questo blog) ratzi "soprassediamo". Su questo colpo di genio non voglio nemmeno soffermarmi. Secondo esempio: questo è un caso un po' più interessante perché la q. di c. in esame (quella de "Il signore delle mosche") dice (si parlano anche le q. di c.) cose apparentemente condivisibili e sensate circa lo svolgersi del racconto; apparentemente. Cito testualmente "Sembra il prologo ideale per un romanzo d'avventura che celebri il pragmatismo e il senso della democrazia britannici". Ora le cose sono due: se per prologo si intende tutto ciò che è raccontato prima dell'elezione di ralph, ok posso esser d'accordo; peccato che in quel frangente non succeda niente, se non la presa di coscienza della situazione da parte di piggy e ralph con un piccolo antipasto di cattiverie gratuite (e già qui...). Se invece per prologo vogliamo includere anche l'elezione di ralph, allora vorrei sapere dove sta il senso della democrazia in un elezione per acclamazione e non con argomenti razionali, ma carismatici e quasi totemistici (lui aveva la conchiglia). Quando il capo sarà Jack è ovvio che la situazione andrà a farsi benedire, ma già nelle prime pagine si getta una luce, seppur fioca, su quei semi di oscurità e indicibile che saranno i protagonisti del racconto. Troppo semplice secondo me commentare che quando si ammazza si è irrazionali e quando si accendono fuochi si è pragmatici. Sottile e velato il mondo pulsionale era lì che si annidava in quelle pratiche solo apparentemente democratiche. Se un gruppo elegge un capo tramite votazione, non è detto che quella sia democrazia, bisogna conoscere gli argomenti e lo stato d'animo individuale nei momenti di aggregazione (dove sono canetti e kierkegaard??). Forse sarebbe meglio non leggerle le quarte di copertina. Ora penso"è vero che il nostro presidente (meno male che c'è) è stato eletto dalla maggior parte degli italiani e senza brogli, ma è stato eletto democraticamente??????..

Dalla faccia lui non sembrerebbe d'accordo


sabato 2 gennaio 2010

Ratzi uno di noi!

Questo è quello che direbbe un appartenente ad un qualsiasi gruppo maschilista. L'altro giorno il massimo esponente della nota organizzazione Chiesa cattolica apostolica romana, anche conosciuta come "Vaticano" si è espresso circa la finalità ultima della donna in questa esistenza, servendosi del pensiero di un teologo medioevale, come l'ansa ha riportato. Quello che potrebbe sembrare come un riconoscimento di una realtà che dovrebbe essere ovvia (cioè che uomini e donne sono esseri ed in quanto esseri dovrebbero vivere le proprie vite, ognuno accostandole il senso o la finalità che desidera) altro non è che un'implicita e aggiungo fine ripetizione di quello che sembra essere un dogma velato (ma nemmeno tanto) di questa organizzazione: l'inferiorità della donna, o comunque la sua subordinazione all'esistenza maschile. Analizziamo la frase: "Dio ha voluto che la donna fosse una 'compagna' dell'uomo, 'non una sua schiava ne' una sua 'dominatrice". Non si può non esser d'accordo sul fatto che la donna in quanto tale non debba essere schiava o dominatrice (stranamente sento echi desadiani); possiamo anche esser d'accordo sul fatto di essere compagni. Semre meglio che colleghi. Ora cari compagni (ops mi è scappato),prescidendo dalla funzione di compagna schiava o dominatrice, la donna sarebbe comunque creata in funzione dell'uomo; la sua esistenza è subordinata a quella dell'uomo. Ma non per via della costola. Dio è talmente potente (Griffin insegnano) che avrebbe potuto crearla anche dal nulla. Ma per via del ruolo per la quale è stata creata, per essere la compagna dell'uomo. Non è venuta al mondo per essere tout court, ma per essere qualcosa per qualcuno ed in questo caso l'uomo. Dopo faccia quello che vuole, ma rimane un vizio di partenza. Lei resta un essere in funzione di un altro essere e questo è quanto, sempre secondo "Ratzi".
Io capisco (almeno da questo punto di vista) che degli uomini applaudano(magari nella loro stupidità possono vedere ciò come un vantaggio), ma una donna???

P.S. Un esempio della potenza sopracitata di Dio qui.