sabato 18 maggio 2013

Then comes life

In questi giorni si sente spesso parlare di abolizione delle slot machines per via delle conseguenze che esse comportano e delle vite che rovinano, come se la loro cancellazione facesse scomparire magicamente i motivi per cui le persone si perdono giocando alle macchinette. Senza neanche dilungarmi sulle relazioni che sussistono tra vita e dipendenze in senso lato, vorrei far notare che l'atteggiamento descritto in apertura può essere al tempo stesso disonesto, miope o fascista, o tutti e tre insieme.
Disonesto, perché si cerca consenso mediatico con una soluzione facile che non risolve il problema; miope quando non si riesce a capire che la distruzione di una vita alle macchinette ha come sintomo le macchinette stesse, ma come cause tutt'altre questioni; fascista perché si vuole intervenire sulla faccenda con provvedimenti di natura legale valevoli quindi erga omnes, anche quindi verso chi non ha di questi problemi.
Queste mi sembrano considerazioni abbastanza scontate anche se poco condivise, se le manifestazioni di cui sopra riscuotono anche se un pur minimo successo; considerazioni che mi fanno convincere sempre di più su come ormai le serie tv siano uno tra i mezzi più potenti di descrizione ed introspezione della realtà.
Su una panchina Bubbles, un ex (ancor per poco) tossicodipendente ed il suo sponsor parlano della loro situazione attuale. Bubbles racconta di come ormai sia pulito da circa un po' di tempo, al che il suo sponsor gli risponde (e per me questo basterebbe a chiudere la questione definitamente):
" What the fuck do you wanna hear? That you're strong enough to do this by yourself? Gettin' clean's the easy part. And then comes life".

Ah, stavo parlando di The Wire


Nessun commento: